Vasco Pratolini (1913 – 1991), scrittore italiano.
L’ho letto parecchi anni fa, poco più che adolescente e un po’ dopo. Mi è piaciuto molto, anche per il fatto che molti dei suoi romanzi sono ambientati nella mia città, una città che adesso è completamente diversa da quella narrata da lui e da com’era quando io lo leggevo. Affreschi, come si dice, di strade e quartieri e persone, cui non può fare a meno, secondo me, un lettore fiorentino. Il mio preferito è “Cronache di poveri amanti”, fra i cui personaggi vi è l’indimenticabile Maciste, gigante dal cuore buono, maniscalco e antifascista.
Per quel che ricordo gli ultimi romanzi sono più tristi, raccontano di disillusioni.
John le Carré (1931), scrittore britannico.
Ho letto di lui almeno tre romanzi: “La spia che venne dal freddo“, “La tamburina” e “Il giardiniere tenace“. Del primo ricordo poco (la lettura risale a oltre venti anni fa), per quanto riguarda gli altri due trovo che definirli “romanzi di spionaggio” sia riduttivo, sono storie complesse con personaggi complessi e ben descritti. A me sono piaciuti, anche se raccontano di un mondo (che è quello reale) che non è affatto un bel mondo e non sono messaggi di speranza. Non sto dicendo che non sia è bene che vi siano romanzi e libri di denuncia, anzi li leggo perché mi interessa sapere, ma dopo mi sento ancora più impotente nei confronti di tutto quello che non va e non è una bella sensazione.