Pubblicato in: Libri, Riflessioni

Due uomini buoni – Arturo Pérez-Reverte

(titolo originale Hombres buenos, trad Bruno Arpaia; pubblicato nel 2015)

Due uomini buoni è un romanzo storico, ma non solo, avvincente e, in parte, filosofico, che mi è piaciuto davvero molto. Come ho già accennato in questo post, in qualche modo mi ha ricordato il modo di scrivere di Saramago, probabilmente per il fatto che l’autore o, meglio, il narratore, è presente come personaggio e, di conseguenza, esprime opinioni e considerazioni.

cover Due uomini buoni

Il romanzo ha, quindi, due diversi punti di vista: quello espresso dall’autore-narratore in prima persona al passato, nelle parti in cui vengono raccontate le ricerche per descrivere in modo corretto i luoghi, i personaggi e gli usi, e quello in terza al presente quando l’autore scrive il romanzo, narrando la vicenda dei due uomini buoni del titolo. Questo passare da una trama all’altra è dosato in modo armonioso, i cambiamenti di punto di vista non mi sono mai sembrati delle interruzioni, anzi, a mio parere, aggiungono interesse alla storia.

Leggere quali sono i libri che il narratore-autore ha consultato, quali le vecchie mappe dei luoghi con cui ha confrontato la situazione attuale delle città rende il racconto (ambientato negli anni di poco antecedenti la Rivoluzione Francese) molto più vicino nel tempo, un po’ come se fosse il lettore stesso a scriverlo. In pratica è un romanzo dentro un romanzo, cosa che mi affascina sempre. Quella che segue, ad esempio, è un’affermazione fatta dal narratore a proposito del viaggio fatto sulla stessa strada percorsa dai suoi protagonisti (ma chi è in realtà a farla: Reverte stesso o il narratore-autore:

Conosco poche sensazioni gradevoli quanto camminare per quei luoghi come un cacciatore con la bisaccia aperta mentre una storia si forgia nella tua testa; entrare in un edificio, camminare lungo una strada e decidere: questo posto fa al caso mio, lo metto nella mia storia. Immaginare i personaggi che si muovono in quello stesso luogo, seduti dove sei seduto tu, guardando quello che guardi tu. Paragonata alla scrittura vera e propria, questa fase preliminare è ancora più eccitante e fertile, al punto che certi momenti della scrittura, la sua materializzazione in inchiostro, carta o schermo del computer, possono poi presentarsi come un atto burocratico e perfino ingrato. Nulla è esimile all’impulso d’innocenza originario, all’inizio, alla genesi primigenia di un romanzo quando lo scrittore si avvicina alla storia da raccontare come a qualcuno di cui si è appena innamorato.

Oltre che per questo aspetto strutturale, intrigante e piuttosto originale, il romanzo vale la pena di essere letto per la storia che racconta: i membri dell’Accademia Reale di Spagna (di cui è membro anche Arturo Pérez-Reverte) decidono di acquisire la prima edizione dell’Encyclopédie di D’Alembert e Diderot, i cui ventotto volumi sono considerati un’opera proibita, perché contraria alla religione, sia in Spagna che in Francia. Avendo comunque il benestare del Re di Spagna, l’Accademia incarica il bibliotecario Hermògenes Molina e l’ammiraglio Pedro Zàrate (scelti perché uomini buoni) di recarsi a Parigi per acquistare l’Encyclopédie. Due degli altri accademici, contrari a questa acquisizione, assoldano un avventuriero affinché ostacoli, nei modi che ritiene opportuni, il viaggio dei colleghi, l’acquisto dell’Encyclopédie e il suo trasporto in Spagna.

Il viaggio e il soggiorno a Parigi di don Hermògenes e di don Pedro sono alquanto avventurosi e densi di incontri e anche di scontri; i due stringono fra loro una salda e sincera amicizia, basata su una stima reciproca, e, nella loro ricerca, conoscono vari personaggi importanti dell’epoca.

I protagonisti sono davvero due uomini buoni; in loro, pur con le debite differenze (don Hermògenes è credente mentre don Pedro è ateo) sono grandi la tolleranza e l’apertura mentale, qualità non altrettanto diffuse fra i loro colleghi e fra la maggior parte delle persone in generale (a quel tempo ma anche al giorno d’oggi), ad eccezione di alcuni degli intellettuali che incontrano a Parigi.

A Parigi don Pedro acquista per sé alcuni libri e ne legge quando riposa in albergo; Pérez-Reverte condivide con noi un paio di citazioni da Système de la nature, scritto “dall’enciclopedista barone d’Holbach”:

Se l’ignoranza della natura diede vita agli dei, la sua conoscenza li distruggerà.

E poi, ancora:

Non è meglio gettarsi nelle braccia di una natura cieca, priva di saggezza e di obiettivi, piuttosto che tremare per tutta una vita schiavizzati da una presunta Intelligenza Onnipotente, che ha disposto i suoi sublimi disegni affinché i poveri mortali abbiano la libertà di disobbedirvi, e trasformarsi così in continue vittime della sua collera implacabile?

L’importanza, simbolica e reale, dell’Encyclopédie, viene descritta anche in questo scambio di battute, fra don Pedro e l’avventuriero incaricato di impedire la missione dei due accademici (il primo a parlare è l’avventuriero):

«Quei libri sono tanto preziosi da morire per loro?» domanda.
L’altro ci pensa un istante, o sembra farlo.
«Non è per loro, ma per quello che c’è dentro» risponde alla fine.
«Caspita… E di cosa si tratta?»
«Della Ragione. Quella che un giorno farà in modo che non esistano più uomini come lei.»

E, infine, alcune righe proprio dall’Encyclopédie, dal Discorso Preliminare, righe che sembrano scritte per illuminare, se mai fosse possibile, l’oscurità dei nostri giorni:

Sono gli uomini ispirati a illuminare il popolo, e i fanatici a traviarlo. Ma il freno che dev’essere opposto agli eccessi di questi ultimi non deve assolutamente coartare la libertà così necessaria alla vera Filosofia.

E, ancora, un plauso a don Pedro che, a proposito delle corride, dice al collega accademico, in modo “un po’ brusco”:

«Però lo spettacolo di una marmaglia analfabeta che applaude al martirio di un animale ci svergogna di fronte a tutte le nazioni colte.»

 

Questo è il link a un’interessante intervista ad Arturo Pérez- Reverte del settembre 2015 uscita sul Corriere.

 

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