(titolo originale The portrait of Mr. W. H. ed. 1958; tard. Daniele Niedda, 1992)
Qualche altra riflessione dal romanzo di Oscar Wilde, dapprima sull’Arte e la possibilità di ognuno di noi di conoscere se stesso.
L’Arte, neppure quella di più vasti propositi e più ampie vedute, non potrà mai mostrarci il mondo esterno. Tutto ciò che ci rivela è la nostra anima, l’unico mondo di cui abbiamo una qualche conoscenza. Anche se poi proprio l’anima, l’anima di ognuno di noi, è per ognuno di noi un mistero. Si cela nel buio a rimuginare e la coscienza non sa dire nulla del suo lavorio. La coscienza, infatti, è del tutto inadeguata a spiegare il contenuto della personalità. L’Arte, e soltanto l’Arte, ci rivela a noi stessi.
E più avanti
È incredibile quanto poco sappiamo di noi stessi e come la nostra più intima personalità ci resti nascosta!
Alla fine del romanzo il protagonista, dopo aver amato e cercato di dimostrare una teoria letteraria (il soggetto ispiratore dei sonetti di Shakespeare sarebbe stato un giovane attore, bellissimo e di grande talento) descrive le sue conclusioni e quelle che reputa prove in una lettera all’amico che per primo gliela aveva fatta conoscere e, dopo la stesura della missiva, scope che all’improvviso non ci crede più e non prova più interesse per la cosa. Ecco le parole di Wilde:
Mi sembrava di aver perso la capacità di credere nella teoria di Willie Hughes: era come se qualcosa mi avesse abbandonato lasciandomi indifferente all’intera vicenda. Ma cos’era successo? Difficile a dirsi. Magari, avendo trovato espressione perfetta a una passione, avevo finito per esaurire la passione stessa. Le forze emotive, come quelle fisiche, hanno i loro limiti.