Alcuni altri brevi brani che mi sono segnata perché mi hanno particolarmente colpita. Vi leggo amarezza, un poco di cinismo, rassegnazione.
In questa frase si riferisce alla guerra.
Quando sei potuto uscire vivo da un mattatoio internazionale in preda alla follia, è comunque una bella referenza dal punto di vista del tatto e della discrezione.
Questa è una riflessione fatta durante il viaggio verso una colonia africana, su una nave.
D’altronde, nella vita quotidiana, pensiamo che cento individui almeno nel corso di una sola normalissima giornata desiderano la tua povera morte, per esempio tutti quelli che gli dài fastidio, pigiati in coda dietro di te sul metrò, poi tutti quelli che passano davanti al tuo appartamento e non ne hanno uno, tutti quelli che vorrebbero che tu abbia finito di far pipì per farla loro, infine, i tuoi figli e altri ancora. È incessante. Ci si abitua. Sulla nave si vede ancora meglio questa fretta, allora dà più fastidio.
Un’altra amara riflessione:
Quando l’odio degli uomini non comporta alcun rischio, la loro stupidità si convince presto, i motivi arrivano da soli.
La descrizione della città africana in cui giunge Bardamu.
La città di Fort-Gono in cui m’ero incagliato appariva così, precaria capitale della Bragamance, tra mare e foresta, ma guarnita, ornata tuttavia di tutto quel ci vuole in fatto di banche, bordelli, caffè, terrazze e perfino d’un ufficio di reclutamento, per farne una piccola metropoli, senza dimenticare square Faidherbe e boulevard Bugeaud, per il passeggio, un insieme di fabbricati rutilanti in mezzo a scogliere rugose, farciti di larve e pesticciati da generazioni di guarnigioni e amministratori forsennati.
(titolo originale “Voyage au bout de la nuit”; pubblicato nel 1952, edizione che sto leggendo del 2011; traduzione di di Ernesto Ferrero)