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Intervista a Concetta D’Orazio

Ecco una nuova intervista self.

Concetta D’Orazio, raffinata autrice, ha risposto alle mie domande e nel seguito potete leggere le sue risposte, che trovo molto interessanti e personali. Concetta tiene da diversi anni un blog in cui parla fra l’altro di scrittura, di Abruzzo (la sua terra); vi consiglio di visitarlo perché i suoi articoli sono originali e scritti in un italiano impeccabile. Questo il link: questepagine.

  1. Perché scrivi? Qual è la molla che ti spinge a farlo?

Ho sempre enorme difficoltà a elaborare risposte di questo tipo. Il motivo è molto semplice: non esiste una molla che mi spinge a scrivere, o meglio, essa non è sempre la stessa. Il bisogno di calare sul foglio sensazioni, ricordi, storie che sento nell’intimo non è mai uguale. Negli anni mi è capitato di mettermi a scrivere in momenti di particolare tristezza o anche nel corso di periodi per me molto felici. A volte la scrittura si è rivelata importante per superare situazioni difficili, a volte è stata compagna di momenti di tranquillità.
Spero che un giorno riuscirò a comprendere qual è lo sprone allo scrivere. E se anche non dovessi scoprirlo, me ne farò una ragione.

  1. Mi sembra che per te siano molto importanti la lingua, la correttezza della scrittura, la precisione delle parole utilizzate nei tuoi testi: quanto lo sono rispetto alla trama e ai personaggi? E, per te, quanto sono legati fra loro questi tre elementi?

Una buona scrittura deve saper trasmettere emozioni, tempi, attese, azioni. Mi pare naturale che, al fine di ottenere questo risultato, l’impegno di chi scrive debba concentrarsi sulla resa linguistica adatta e corretta, finalizzata alla comprensione della storia. In diverse parole: l’errore di lingua finisce per penalizzare la stessa storia e per rendere incomprensibile lo svolgimento della trama.
L’utilizzo del linguaggio, naturalmente, deve essere anche adattato alle caratteristiche dei diversi personaggi e alla ricostruzione scenica: un’ambientazione raffinata non può prescindere da una dizione elegante, così come una cornice ti tipo popolare ha bisogno di una parlata modesta.
La correttezza grammaticale e sintattica, la scelta del registro linguistico sono, dunque, in proporzione e in sintonia con trama e personaggi.

  1. Quanto c’è di autobiografico nelle tue storie?

Quando una storia prende forma, sotto le mie mani, mi pare naturale ed istintivo lasciare una impronta nella narrazione.
Non saprei scrivere in maniera assolutamente oggettiva e distaccata. L’elemento autobiografico non si esplicita per forza (quasi mai) in un episodio veramente accadutomi o nell’inserimento di un personaggio che davvero mi appartiene.
La mia vita è composta di emozioni, colori preferiti, paesaggi che prediligo, comportamenti che detesto: sono queste le componenti personali che lascio cadere in quel che sto scrivendo.
Il discorso, se vogliamo, si fa un po’ diverso per quel che riguarda Nero di memoria, il romanzo che trae spunto dai racconti che i miei nonni riferivano al tempo di guerra: l’idea ha preso forma dai ricordi ma poi è stata elaborata in maniera molto libera e lontana dal verosimile accaduto ai miei famigliari.

  1. Cosa ti resta più difficile nello scrivere? (Ad esempio l’inizio, la fine, la revisione…)

Sono sincera, quando sono impegnata nella scrittura di un romanzo, l’ascolto della storia da narrare non sempre mi riesce semplice e chiaro. La scrittura, dunque, incontra spesso molte difficoltà causate dal fatto che non riesco ad intendere con chiarezza quello che i personaggi che mi parlano dentro hanno da mostrarmi e da farmi registrare.
Generalmente l’inizio è quasi sempre abbastanza chiaro: deve esserlo, altrimenti la storia non parte. E questo quei furbi dei miei personaggi lo sanno: mi parlano in maniera diretta, incalzando l’inizio del racconto. In taluni casi, tuttavia, si prendono gioco di me e mi mescolano le carte in centro. Ecco, diciamo che la parte che mi risulta più difficile da narrare si trova spesso nel mezzo della storia!
La revisione, pur essendo un po’ noiosa, è invece il momento in cui procedo più spedita.

  1. Cosa ti entusiasma di più nella scrittura?

Una volta che ho deciso la direzione a dare alla trama, inizia per me il momento più entusiasmante della scrittura: sviluppare la storia, giocando con le parole: le scelgo giuste, le calibro, le arrotondo e le abbellisco.
La versatilità della parola scritta si rivela ogni volta un gioco molto elettrizzante. Mi diventa così difficile staccarmi dal foglio, dal momento che voglio e cerco la compiutezza del messaggio, che possa presentare e far comprendere le linee evolutive della storia.

  1. Cosa cerchi o pensi di comunicare/condividere con i tuoi lettori?

Quando mi accingo a scrivere non penso mai al fatto di voler comunicare qualcosa. Non credo di avere messaggi importanti o ideali così magnanimi da condividere. La scrittura, l’ho già detto, per me è momento di sfogo e io sono e resto la prima persona cui le mie frasi e i miei racconti sono rivolti.
Al limite posso dire che mi piace mettere in pubblico il mio sfogo, ma non ho nessuna presunzione di voler trasmettere qualcosa.
Devo tirare fuori quello che mi balla dentro e questo mi basta. Lascio ad altri, più bravi di me, il sacro furore dello scrittore.
E poi, me lo chiedo, te lo chiedo: davvero ho dei lettori?

  1. Trovi stimolante, utile, piacevole la collaborazione con colleghi o preferisci evitarla?

La collaborazione con altri colleghi è per me stimolo a perfezionarmi. La crescita professionale degli altri si rivela, oltre che grande soddisfazione, anche un’esortazione a mettermi alla prova e tentare di avanzare anch’io.
A questo aggiungo che sono sicura che, in ogni campo del sapere e della scienza, la collaborazione positiva permette di unire le forze (esperienze, conoscenze, attitudini) per ottenere un qualsivoglia prodotto sempre perfetto.
Non posso dire di sentirmi sempre in sintonia con tutti. Con gli anni ho imparato a selezionare (che brutto verbo!) le persone con cui penso di avere affinità di redazione o comunque di pensiero. Mi piace, perciò, concentrarmi su questo tipo di relazione prima di tutto di amicizia, dopo di stesura e composizione.

  1. Una domanda a cui ti piacerebbe rispondere che non ti ho fatto?

Potresti chiedermi quanta parte del mio tempo è dedicata alla scrittura. Io potrei risponderti che, contrariamente alle mie previsioni, con l’avanzare degli anni, il tempo da riservare alla mia passione è sempre più limitato.
Ogni volta che faccio qualche progetto in merito, sono costretta a ridimensionare lo spazio, in termini temporali, che posso dedicare ai miei pensieri di scrittura. Gli impegni della vita quotidiana sono sempre in aumento e così, ogni volta, sono costretta a rivedere le mie priorità, revisionare le mie pianificazioni e semmai cancellare qualche progetto.
Non mi perdo d’animo, però! Sono fiduciosa e spero di poterti rispondere con più soddisfazione, quando in futuro mi farai nuovamente questa domanda che ora non mi hai fatto. Scherzo!

Ti ringrazio per aver pensato a me per questa intervista.

Io ringrazio te per le risposte e per il tempo che ci hai dedicato.

Fra i vari ebook pubblicati sullo storie di amazon da Concetta D’Orazio vi propongo i due romanzi “Nero di memoria” e “La fragranza dell’assenza”. È superfluo dire che li consiglio entrambi.

cover Nero    cover Fragranza

 



9 pensieri riguardo “Intervista a Concetta D’Orazio

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